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20 maggio 2012 7 20 /05 /maggio /2012 18:58

 

“Di solito il pubblico se scopre che non siete sovrumani vi considera al disotto della specie umana: un mostro. Fra il 1945 ed il ’52, la nostra posizione si prestava moltissimo alle distorsioni soprattutto perché non eravamo classificabili: di sinistra, ma non comunisti, e persino mal visti dal PCF; non eravamo abbastanza boheme, io abitavo in albergo e Sartre viveva con la madre, tuttavia rifiutavamo la borghesia, non frequentavamo “la buona società”; eravamo ricchi ma non avevamo un adeguato tenore di vita; legati intimamente, ma non asserviti l’ un l’ altro: un’ assenza di etichetta che sconcertava e irritava”  

(Simone de Beauvoir, La forza delle cose, p. 612-613). 

 

“Non è un caso che io abbia scelto Sartre: perché insomma l’ ho scelto. L’ ho seguito con gioia perché mi portava sulla via che volevo percorrere; dopo, abbiamo sempre discusso insieme la nostra strada (….)  Resta inteso che filosoficamente, politicamente, le iniziative sono sempre partite da lui (….). No. Sartre è ideologicamente un creatore, io no; costretto da questo a dalle scelte politiche, lui ne ha approfondito le cause più di quanto a me non interessasse farlo: avrei tradito la mia libertà se avessi rifiutato di riconoscere questa sua superiorità; mi sarei ostinata nell’ atteggiamento di sfida e di malafede frutto della lotta dei sessi, che è proprio il contrario dell’ onestà intellettuale. Ho salvaguardato la mia indipendenza perché non ho mai scaricato su Sartre le mie responsabilità; non ho aderito a nessuna idea, non ho preso nessuna risoluzione senza averla prima criticata e fatta mia”    ( Simone de Beauvoir,  La forza delle cose, p. 610-612).

 

“Quando ho incontrato Simone de Beauvoir, ho avuto l’ impressione di avere i rapporti migliori che potessi avere con qualcuno. I rapporti più completi  …….. Questi rapporti completi comportavano l’ uguaglianza profonda nelle relazioni. Eravamo l’ un per l’ altro degli uguali, non potevamo concepire altro. Avevo trovato una donna uguale a ciò che ero io come uomo (……)

Ci siamo capiti in quanto particolarmente simili ….  In effetti, non ho mai veramente parlato delle mie teorie se non a lei” (Sartre et les femmes, intervista con Catherine Chaine, “Le Nouvel Observateur”, 31 gennaio e 7 febbraio 1977, pp. 83, 84).

 

“……………………   Nel suo gioco d’ amore, lei è tanto cacciatore quanto preda. Il maschio è per lei un oggetto, proprio come lei è un oggetto per lui. Ed è proprio questo che ferisce l’ orgoglio maschile. Nei paesi latini dove gli uomini si aggrappano al mito della “donna-oggetto”, la naturalezza di Brigitte Bardot sembra più perversa della sofisticazione. Disprezzare i gioielli, il trucco, i tacchi alti ed i corsetti significa rifiutare di trasformarsi in un idolo remoto. È affermare di essere simili ed eguale all’ uomo, è riconoscere che tra la femmina ed il maschio il desiderio ed il piacere sono reciproci. In questo Brigitte è imparentata con le protagoniste di Fracoise Sagan, benché dica di non avere alcuna affinità con loro, forse perché le sembrano poco celebrali. Ma l’ uomo si sente a disagio se ha tra le braccia, invece di una bambola di carne, un essere cosciente che lo valuta. Una donna libera è il contrario di una donna leggera. Nel suo ruolo di donna disordinata, di zingarella, Brigitte Bardot sembra essere alla mercè di tutti. Eppure, paradossalmente, incute soggezione. Non è protetta da lussuosi vestiti o da prestigio sociale, ma c’è qualcosa di altero nel suo viso imbronciato, nel suo corpo muscoloso. “Deve capire, - mi dichiarò un giorno un francese medio, - che quando un uomo trova attraente una donna, vuole poterle pizzicare il sedere”. Un gesto volgare riduce una donna allo stato di oggetto del quale un uomo può fare ciò che vuole senza curarsi di come reagiscono in lei la mente, il cuore ed il corpo. Ma Brigitte Bardot non ha niente della donna di facili costumi, niente che permetterebbe a un uomo di trattarla con quella leggerezza. In lei non c’è niente di volgare. Ha una specie di dignità spontanea, un po’ come la serietà dell’ infanzia  …………..    Sarebbe ingenuo credere che ci sia un conflitto generazionale a proposito di Brigitte Bardot. Il conflitto esiste tra chi vuole che i costumi siano fissati per sempre, e chi ne chiede l’ evoluzione. Dire che B.B. “incarna l’ immoralità di un’ epoca” significa che il personaggio da lei creato sfida certi tabù accettati dall’ epoca precedente, in particolare quelli che negavano alla donna la sua autonomia sessuale. In Francia, ufficialmente, si insiste ancora molto sulla dipendenza della donna rispetto all’ uomo. Gli americani che, in effetti, sono lontani dall’ aver raggiunto la parità dei sessi in tutti i campi, ma che l’ ammettono in teoria, non hanno visto niente di scandaloso nell’ emancipazione simbolica di B.B. Ma è la sua sincerità che, più di ogni altra cosa, disturba il pubblico francese e delizia gli americani.  B.B. ha detto una volta: “Io voglio che non ci siano più né ipocrisia, né sciocchezze a proposito dell’ amore”.  Il ridimensionare l’ amore e l’ erotismo è un’ impresa che può avere maggiori conseguenze di quanto non si creda. Non appena si tocca un mito, sono in pericolo tutti i miti. Uno sguardo sincero, anche se abbraccia soltanto un campo limitato, è un fuoco che può appiccarsi e ridurre in cenere i miseri travestimenti che camuffano la realtà. ………. (Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 17, 18, 22, 23)

 

 

……  Un giorno, neanche tanto lontano, le donne, veramente integrate nella società, mostreranno di che cosa sono capaci. Oggi … sono ibridi. Ibridi con un senso di colpa. Vede, gli uomini non hanno scelta. Devono fare carriera. Per le donne, c’è sempre il dilemma: bisogna fare carriera? Bisogna occuparsi della casa, dei bambini? Per le donne, non ci sono abbastanza cose che “vanno da se”.  (Le donne si sentono colpevoli) di tutto. Di lavorare. Di non lavorare. Ci sono due categorie di donne: quelle per il quale il focolare è il centro del mondo, e le indipendenti, quelle che puntano soprattutto sugli interessi professionali. Queste ultime pensano continuamente: “Dovrei forse occuparmi di più della casa”. Oppure: “Dovrei sposarmi,  avere bambini…”.  Ma neanche la casalinga è felice. Tempo addietro, pulire, cucinare, lucidare i pavimenti era per la donna un certo modo di dominare la materia. Oggi il focolare non è più un regno. La casalinga, abdicando alla sua libertà, non ha più l’ impressione di realizzare un destino ineluttabile. Si interroga, dubita. Pensa con invidia all’ amica avvocatessa che è invece “qualcuno”. Né quelle che stanno a casa, né quelle che lavorano trovano oggi nella propria condizione la piena realizzazione di sé. Ci sono anche quelle che tentano di superare la propria condizione scrivendo romanzi. Il romanzo scritto in casa non è forse un lavoretto femminile? Quante romanziere abbiamo!     ………. Uomini o donne, pensavo che ciascuno può cavarsela; non mi rendevo conto che la femminilità fosse una situazione. Ho scritto tre romanzi, dei saggi, senza preoccuparmi della mia condizione di donna. Un giorno mi è venuta voglia di dare una spiegazione su me stessa. Ho cominciato a riflettere e mi sono accorta che la prima cosa che avrei dovuto dire era: sono una donna. L’ intera mia formazione affettiva, intellettuale, è stata differente da quella d’ un uomo. Ho riflettuto su questo e mi sono detta: bisognerebbe vedere sul piano generale, e nei particolari, cosa significa essere donna. Ho cercato di tenere conto dei miti, e soprattutto di descrivere il modo in cui la società fabbrica le sue donne. (Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 25, 26, 33)

A vent’ anni pensavo che si dovesse vivere fuori da tutto: adesso penso il contrario. Ero già di sinistra allora, in teoria, ma in pratica avevo un atteggiamento di destra, ritenevo che lo scrittore dovesse rimanere apolitico. La guerra mi ha mostrato a che punto io dipendessi dal resto del mondo e quanto ne fossi partecipe.   …………   E poi la ripresa della speranza partendo dal superamento di speranze troppo facili, un ottimismo difficile, che è nello stesso tempo un ottimismo contestato: era ciò che volevo. (Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 42 - 43)

 

 

“Di solito il pubblico se scopre che non siete sovrumani vi considera al disotto della specie umana: un mostro. Fra il 1945 ed il ’52, la nostra posizione si prestava moltissimo alle distorsioni soprattutto perché non eravamo classificabili: di sinistra, ma non comunisti, e persino mal visti dal PCF; non eravamo abbastanza boheme, io abitavo in albergo e Sartre viveva con la madre, tuttavia rifiutavamo la borghesia, non frequentavamo “la buona società”; eravamo ricchi ma non avevamo un adeguato tenore di vita; legati intimamente, ma non asserviti l’ un l’ altro: un’ assenza di etichetta che sconcertava e irritava”   ( Simone de Beauvoir , La forza delle cose, p. 612-613).

 

“Non è un caso che io abbia scelto Sartre: perché insomma l’ ho scelto. L’ ho seguito con gioia perché mi portava sulla via che volevo percorrere; dopo, abbiamo sempre discusso insieme la nostra strada (….)  Resta inteso che filosoficamente, politicamente, le iniziative sono sempre partite da lui (….). No. Sartre è ideologicamente un creatore, io no; costretto da questo a dalle scelte politiche, lui ne ha approfondito le cause più di quanto a me non interessasse farlo: avrei tradito la mia libertà se avessi rifiutato di riconoscere questa sua superiorità; mi sarei ostinata nell’ atteggiamento di sfida e di malafede frutto della lotta dei sessi, che è proprio il contrario dell’ onestà intellettuale. Ho salvaguardato la mia indipendenza perché non ho mai scaricato su Sartre le mie responsabilità; non ho aderito a nessuna idea, non ho preso nessuna risoluzione senza averla prima criticata e fatta mia” ”   (La forza delle cose, p. 610-612).

 

“Quando ho incontrato Simone de Beauvoir, ho avuto l’ impressione di avere i rapporti migliori che potessi avere con qualcuno. I rapporti più completi  …….. Questi rapporti completi comportavano l’ uguaglianza profonda nelle relazioni. Eravamo l’ un per l’ altro degli uguali, non potevamo concepire altro. Avevo trovato una donna uguale a ciò che ero io come uomo (……)

Ci siamo capiti in quanto particolarmente simili ….  In effetti, non ho mai veramente parlato delle mie teorie se non a lei” (Sartre et les femmes, intervista con Catherine Chaine, “Le Nouvel Observateur”, 31 gennaio e 7 febbraio 1977, pp. 83, 84).

 

“……………………   Nel suo gioco d’ amore, lei è tanto cacciatore quanto preda. Il maschio è per lei un oggetto, proprio come lei è un oggetto per lui. Ed è proprio questo che ferisce l’ orgoglio maschile. Nei paesi latini dove gli uomini si aggrappano al mito della “donna-oggetto”, la naturalezza di Brigitte Bardot sembra più perversa della sofisticazione. Disprezzare i gioielli, il trucco, i tacchi alti ed i corsetti significa rifiutare di trasformarsi in un idolo remoto. È affermare di essere simili ed eguale all’ uomo, è riconoscere che tra la femmina ed il maschio il desiderio ed il piacere sono reciproci. In questo Brigitte è imparentata con le protagoniste di Fracoise Sagan, benché dica di non avere alcuna affinità con loro, forse perché le sembrano poco celebrali. Ma l’ uomo si sente a disagio se ha tra le braccia, invece di una bambola di carne, un essere cosciente che lo valuta. Una donna libera è il contrario di una donna leggera. Nel suo ruolo di donna disordinata, di zingarella, Brigitte Bardot sembra essere alla mercè di tutti. Eppure, paradossalmente, incute soggezione. Non è protetta da lussuosi vestiti o da prestigio sociale, ma c’è qualcosa di altero nel suo viso imbronciato, nel suo corpo muscoloso. “Deve capire, - mi dichiarò un giorno un francese medio, - che quando un uomo trova attraente una donna, vuole poterle pizzicare il sedere”. Un gesto volgare riduce una donna allo stato di oggetto del quale un uomo può fare ciò che vuole senza curarsi di come reagiscono in lei la mente, il cuore ed il corpo. Ma Brigitte Bardot non ha niente della donna di facili costumi, niente che permetterebbe a un uomo di trattarla con quella leggerezza. In lei non c’è niente di volgare. Ha una specie di dignità spontanea, un po’ come la serietà dell’ infanzia  …………..    Sarebbe ingenuo credere che ci sia un conflitto generazionale a proposito di Brigitte Bardot. Il conflitto esiste tra chi vuole che i costumi siano fissati per sempre, e chi ne chiede l’ evoluzione. Dire che B.B. “incarna l’ immoralità di un’ epoca” significa che il personaggio da lei creato sfida certi tabù accettati dall’ epoca precedente, in particolare quelli che negavano alla donna la sua autonomia sessuale. In Francia, ufficialmente, si insiste ancora molto sulla dipendenza della donna rispetto all’ uomo. Gli americani che, in effetti, sono lontani dall’ aver raggiunto la parità dei sessi in tutti i campi, ma che l’ ammettono in teoria, non hanno visto niente di scandaloso nell’ emancipazione simbolica di B.B. Ma è la sua sincerità che, più di ogni altra cosa, disturba il pubblico francese e delizia gli americani.  B.B. ha detto una volta: “Io voglio che non ci siano più né ipocrisia, né sciocchezze a proposito dell’ amore”.  Il ridimensionare l’ amore e l’ erotismo è un’ impresa che può avere maggiori conseguenze di quanto non si creda. Non appena si tocca un mito, sono in pericolo tutti i miti. Uno sguardo sincero, anche se abbraccia soltanto un campo limitato, è un fuoco che può appiccarsi e ridurre in cenere i miseri travestimenti che camuffano la realtà. ………. (Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 17, 18, 22, 23)

 

 

……  Un giorno, neanche tanto lontano, le donne, veramente integrate nella società, mostreranno di che cosa sono capaci. Oggi … sono ibridi. Ibridi con un senso di colpa. Vede, gli uomini non hanno scelta. Devono fare carriera. Per le donne, c’è sempre il dilemma: bisogna fare carriera? Bisogna occuparsi della casa, dei bambini? Per le donne, non ci sono abbastanza cose che “vanno da se”.  (Le donne si sentono colpevoli) di tutto. Di lavorare. Di non lavorare. Ci sono due categorie di donne: quelle per il quale il focolare è il centro del mondo, e le indipendenti, quelle che puntano soprattutto sugli interessi professionali. Queste ultime pensano continuamente: “Dovrei forse occuparmi di più della casa”. Oppure: “Dovrei sposarmi,  avere bambini…”.  Ma neanche la casalinga è felice. Tempo addietro, pulire, cucinare, lucidare i pavimenti era per la donna un certo modo di dominare la materia. Oggi il focolare non è più un regno. La casalinga, abdicando alla sua libertà, non ha più l’ impressione di realizzare un destino ineluttabile. Si interroga, dubita. Pensa con invidia all’ amica avvocatessa che è invece “qualcuno”. Né quelle che stanno a casa, né quelle che lavorano trovano oggi nella propria condizione la piena realizzazione di sé. Ci sono anche quelle che tentano di superare la propria condizione scrivendo romanzi. Il romanzo scritto in casa non è forse un lavoretto femminile? Quante romanziere abbiamo!     ………. Uomini o donne, pensavo che ciascuno può cavarsela; non mi rendevo conto che la femminilità fosse una situazione. Ho scritto tre romanzi, dei saggi, senza preoccuparmi della mia condizione di donna. Un giorno mi è venuta voglia di dare una spiegazione su me stessa. Ho cominciato a riflettere e mi sono accorta che la prima cosa che avrei dovuto dire era: sono una donna. L’ intera mia formazione affettiva, intellettuale, è stata differente da quella d’ un uomo. Ho riflettuto su questo e mi sono detta: bisognerebbe vedere sul piano generale, e nei particolari, cosa significa essere donna. Ho cercato di tenere conto dei miti, e soprattutto di descrivere il modo in cui la società fabbrica le sue donne. (Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 25, 26, 33)

 

 

A vent’ anni pensavo che si dovesse vivere fuori da tutto: adesso penso il contrario. Ero già di sinistra allora, in teoria, ma in pratica avevo un atteggiamento di destra, ritenevo che lo scrittore dovesse rimanere apolitico. La guerra mi ha mostrato a che punto io dipendessi dal resto del mondo e quanto ne fossi partecipe.   …………   E poi la ripresa della speranza partendo dal superamento di speranze troppo facili, un ottimismo difficile, che è nello stesso tempo un ottimismo contestato: era ciò che volevo.

 

3414515612_16cb2379a0.jpg(Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo, Einaudi, 2006, pag. 42 - 43)

 

 

 

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